Un’edicola per la palla di cannone di Ponte delle Erbe

STORIA edicola palla cannone lastra

Un primo passo per dare visibilità ad una storia cittadina non troppo conosciuta e tuttora, in parte, legata a leggende e passaparola. Nel retro di un palazzo di Via Manin all’angolo di Ponte delle Erbe dove scorre il Ramo “delle Beccherie del fiume Marzenego, appare (ma non si nota se non con uno sguardo appositamente cercato) un cimelio “storico-simbolico” di Mestre: la palla di cannone del 27 ottobre 1848, che emerge per una piccola parte essendo piantata sulla parete.

Duccio Toffanello Guadagni ha ideato il progetto, assistito graficamente da Giulio Puccini, di un’edicola che dovrà contenere la palla di cannone con tanto di testo commemorativo. La simbolicità dell’atto, appoggiato inizialmente dall’Associazione “Città di Mestre” ma sostenuto anche da altre associazioni e gruppi mestrini, avviene in due momenti. La prima simbolica presentazione alla città di una lastra fotografica che dimostra visivamente come potrà essere l’opera finita. Dal 27 ottobre 2013, giorno di presentazione del facsimile fotografico, viene idealmente posto il traguardo del 27 ottobre 2014 per l’ottenimento di tutti i permessi necessari e per la realizzazione dell’opera. Buona parte dei costi vivi di lastra ed edicola saranno coperti da una sottoscrizione popolare od eventualmente da sponsor.

La palla di cannone vista dal Ponte delle Erbe (ph. Toffanello)

La palla di cannone vista dal Ponte delle Erbe (ph. Toffanello)

Questa palla di cannone è icona di una guerra che a Mestre si è combattuta in nome dell’unità italiana e la città di Mestre ricevette la XI^ Medaglia d’oro al Valor Risorgimentale in ricompensa del valore dimostrato dalla cittadinanza alla presa del forte di Marghera la notte del 22 marzo 1848 e nella sortita di Marghera del 27 ottobre successivo. Attualmente la Palla di Cannone è “poco visibile e poco riconoscibile”, non è adeguatamente evidenziata come invece dovrebbe. E per questo, scegliendo una data simbolica come il 27 ottobre (Sortita), nel cinquecentenario delle stragi dei Lanzichenecchi e dei mercenari spagnoli e pontifici della Lega di Cambrai, nonché della caduta devastazione ed incendio della città e del Castello il 27 settembre 1513.

Non si sa fino in fondo se la palla di cannone sia stata piantata dopo lì, o se si fosse effettivamente conficcata nel muro in occasone della Sortita del 27 ottobre 1848. Fattostà che “per tradizione orale” i mestrini tramandano che quella è la palla del 27 ottobre. Sparata da chi, e come? Ricostruisce l’ideatore dell’edicola commemorativa, Duccio Toffanello Guadagni: “sappiamo che c’erano 2 o 4 cannoni sul Ponte della Campana, e che furono presi dagli italiani agli austriaci grazie alla Sortita. Il comando austriaco era sulla Torre Civica, rotto il fronte sul Ponte della Campana gli austriaci

La palla di cannone vista dal Marzenego (ph. Selina Zampedri)

La palla di cannone vista dal Marzenego (ph. Selina Zampedri)

avranno fatto secondo “blocco provvisorio” al Ponte delle Erbe, per dar modo al comando di abbadonare la torre. Quindi è probabile che i cannoni presi agli austriaci siano stati rivolti verso nord e portati verso il Ponte delle Erbe per scacciare gli ultimi austriaci. Dalla posizione sul muro della palla di cannone, a circa 5 metri dallo spigolo del fabbricato (ed “altezza d’uomo”), si può immaginare un colpo “sbiego” (con il cannone posizionato vicino alla attuale libreria) che appunto è passato in mezzo alle truppe austriache e si è conficcato poi sul muro. Altrimenti (come nel caso della Chiesa dei Tolentini a Venezia, dove la palla che sfondò la cuola cadendo davanti l’altare, è stata murata poi nella facciata) la palla di Mestre potrebbe esser stata posta lì poi, a ricordo dei tragici eventi. Ma la cosa è meno probabile, poichè avrebbero scelto un posto un po’ meno impervio”.
Con il passare degli anni il fabbricato ha visto naturalmente peggiorare le condizioni dell’intonaco, che in molte parti era scrostato o mancava. Ma così la palla la si vedeva molto meglio. Poi negli anni fine ’80 o ’90 rifecero le facciate. L’intonaco fu fatto grosso e “più dritto” cosicchè la palla adesso è semisommersa e non ne spunta mezza, ma molta meno. Inoltre la si nota poco poichè,
è stata ridipinta con un colore molto deciso.

Il video realizzato da Francesco Brunello della conferenza stampa di domenica 27 ottobre 2013. Gli interventi di Andrea Checconi Sbaraglini (Presidente Associazione “Città di Mestre”); Duccio Toffanello Guadagni (Curatore del progetto edicola); Raffaele Speranzon (Assessore alla Cultura Provincia di Venezia); Massimo Venturini (Presidente Municipalità di Mestre Carpenedo).

Immagine anteprima YouTube

 

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Riceviamo e pubblichiamo anche una successiva nota di Paolo Borgonovi che ha voluto commentare l’articolo:

Palle di cannone e balle raccontate 
Nell’anno 2000 il Centro studi Storici di Mestre ha pubblicato un libro: “il quarantotto a Mestre – La rivoluzione e la popolazione”. In un capitolo da me curato, a pag 29 risulta pubblicata la fotografia della palla di cannone del ponte delle Erbe commentata da questa citazione “….altra palla gettò a terra un pezzo di muro di camino del Sig. Pio Tonolo al ponte delle Erbe…
La frase è tratta dal diario di Teodoro Ticozzi “Diario 1848 – 49” anch’esso pubblicato dal CSS nel 1968 e riportato anche integralmente nel sito del centro.
Il Ticozzi a pag. 13 del suo scritto racconta dell’inizio dei bombardamenti del Forte Marghera in data 19 giugno 1848 su Mestre occupata dagli austriaci riferendo appunto di questa palla caduta in vicinanza del ponte.
Non fu un fatto episodico anzi! Il Ticozzi, ad esempio, racconta che il giorno 10 agosto 1848
“Alle 5 in punto pomerid. Cominciò l’attacco con la Fortezza di Malghera e durò fino alle 8…Gli austriaci facevano 1 e gli Italiani cioè li Piemontesi ne facevano 10 anche 12 tiri…Colpi di cannone si calcolano a capriccio tra una parte e l’altra a n° 1500 piuttosto più che meno…..(op.cit. pagg 41-43)
Il fuoco amico del forte perseguitò Mestre fino a quando gli Austriaci lo occuparono.
Passando ad un altro testimone, Giovanni Renier, il parroco di San Lorenzo, troviamo pure conferma delle conseguenze dei patriottici bombardamenti.
Nel suo diario “La cronaca di Mestre degli anni 1848 – 49″ edito dal CSS nel 1982 ed anch’esso consultabile integralmente sul sito suddetto descrive le sofferenze di Mestre a causa dei bombardamenti di Marghera, nel capitolo VIII da pag. 111 in poi racconta ” I veneziani, d’ogni cosa istruiti dai loro esploratori, stavano all’erta, studiandosi frattanto d’infestare con più frequente bombardamento non solo gli avamposti, ma sì pure la misera terra di Mestre.    all’ora del vespro, udendo fischiare sul nostro capo le palle incendiarie, una delle quali cadde in piazza, un’altra sopra la casa Cecchetti e parecchie all’intorno, fummo costretti a chiuder la chiesa [di San Lorenzo] e fuggire. Il S.S. Sacramento venne da quel dì custodito nella piccola chiese di M. V. della Salute; ma quivi pure qualche dì appresso giunse una granata che spezzò il tetto e cadde a piombo nella infermeria dei ricoverati. Vista la mala parata, tutte le famiglie più benestanti risolsero di riparare altrove…Dietro a queste fuggirono altresì le povere…
Migliaia e migliaia di palle, quindi furono fraternamente sparate su Mestre, possibile che fra tutte queste si sia salvata proprio e solo una sparata in combattimento il giorno della Sortita?
A mio parere inoltre ritengo che quel giorno le truppe di Manin non abbiano sparato palle.
Non occorre molta conoscenza della cosiddetta arte militare per sapere che i cannoni usati ad alzo zero contro le truppe, in un’epoca in cui non si usavano granate esplosive, non erano caricati a palla, ma a mitraglia, cioè con un sacchetto pieno di chiodi, ritagli di ferro e simili. È intuitivo che una palla piena sparata contro la truppa combattente poteva uccidere istantaneamente un uomo e gli altri che si trovassero esattamente sulla traiettoria, risultava quindi meno efficace di una scarica di fucileria, in altre parole sarebbe stato come andare a caccia di uccelli non con una doppietta caricata a pallini ma con una carabina per selvaggina a pelo.
Consiglierei quindi di dimenticarci della palla del ponte delle Erbe, testimonianza non di un episodio di valore, ma di un cinico calcolo dei comandanti di Manin pronti ad uccidere i Mestrini pur di colpire gli Austriaci.
Paolo Borgonovi