Il dono della sintesi
Una scritta tipo “Ugo ama Pina“. Oppure, meglio ancora: un cuore trafitto da una freccia. Per un messaggio d’amore basterebbe veramente poco. E gli innamorati più audaci si sono spesso armati di una bomboletta spray non limitandosi ai più dozzinali pennarelli. Osavano spruzzare i muri limitandosi a poche parole o segni, beandosi di quel loro messaggio pronto ad essere letto ogni giorno da chi doveva leggerlo.
Poi arrivarono i graffiters. Ma qui siamo già oltre, talvolta all’opera d’arte. Non si parla di chi lascia un tag, la propria firma su più muri possibili; ma di chi dipinge di fatto un messaggio, d’amore od altro esso sia.
A Mestre sono spuntati i prolissi della bomboletta. Hanno talmente bisogno di dire la loro che i piccoli spazi non bastano più. Il dono della sintesi non è per loro. Possono esprimersi citando dolci poesie o ragionando a mente libera fino a quando il loro foglio di carta (che in realtà è di cemento) non esaurisce gli spazi.
La loro ispirazione è comunque più vicina ai graffiters che agli ultrà: questi ultimi hanno messaggi più secchi e più distribuiti in giro, non seminano incitamenti o disapprovazioni in un punto solo. Gli autori da parete si prendono invece il loro tempo, noncuranti di chi passa (o, in alcuni casi, li guarda da un terrazzo). Hanno voglia di parlare, lo fanno dove non potrebbero.
Verrebbe da proporre uno o più spazi in uno dei bei parchi cittadini dove, chi vuole, possa scrivere un suo pensiero o lasciare un suo messaggio su grandi muri liberi da riempire. Ma sono gli stessi graffiters ad insegnarlo: senza sprezzo del pericolo, senza quell’adrenalina derivante dall’affrontare il proibito, disegnare (e quindi, scrivere) non avrebbe lo stesso senso e soprattutto lo stesso gusto.
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